RU PAUL’S DRAG RACE // WERQ THE WORLD TOUR 2019 // TEATRO OLIMPICO // ROMA

Recensione e Gallery fotografica esclusiva de IL MURO

Lo scorso 8 aprile il Ru Paul’s Drag Race ha sfondato lo schermo di Netflix e si è materializzato in Italia con il WERQ THE WORLD Tour 2019, sul palcoscenico del Teatro Olimpico di Roma, e si è poi spostato un po’ più su e ha portato trucchi, musiche e abiti a Bologna e poi ancora a Milano.
La gallery fotografica esclusiva de IL MURO è il racconto della serata romana, per quanto si riesca a mettere tanta strabordante brillantezza dentro i quattro lati di un frame. Quello che il team di drag stellari hanno portato in Italia è stato un vero e proprio spettacolo Made in USA, prodotto da Voss Events, World of Wonder and VH1, con tanto di tifo da stadio in platea numerata: un teatro strapieno di fan italiani e non solo, pronti a farsi coinvolgere e salire sul palco quando chiamati per acconciarsi e ballare, per giocare sul confine tra realtà e rappresentazione, tra corpo e fantasia, per trasformare ogni sorta di stereotipo in coriandoli e paillettes.

AquariaAsia O’Hara, Detox, Kameron Michaels, Kim ChiMonét X Change, Naomi Smalls, Violet Chachki. Questo il dream team che ha calcato il palco del Teatro Olimpico, con la conduzione dell’irriverente Asia O’Hara, la quale non ha mancato di scherzare sulla grande assente Michelle Visage (che nella fase europea del tour è presente soltanto negli spettacoli dal 24 aprile al 13 maggio): “Se vi state chiedendo dov’è Michelle Visage, beh, non è potuta venire perché è incinta!” ha detto con la sua black attitude. Tra gli highlitght dell’evento c’è sicuramente la performance Violet Chachky, esageratamente atletica nel suo bustino strettissimo: uno show di burlesque acrobatico in chiave queer, interessante sia nella coreografia che nell’intreccio di luci e ombre.

Tante volte si è parlato della Liberazione operata dagli Stati Uniti contro le dittature in Europa, sull’opportunità politica e il significato umano e sociale. C’è un brano del libro Renzo Arbore. E se la vita fosse una jam session (Renzo Arbore, a cura di Lorenza Foschin, Rizzoli 2005) in cui l’artista racconta un episodio vissuto in prima persona durante l’infanzia:

Eravamo in centro, sulla piazza, proprio davanti al comando tedesco. Un giorno mio padre mi prese in braccio e mi fece sbirciare tra le persiane socchiuse, perché era proibito aprirle. I soldati tedeschi, armati fino ai denti, uscivano dal comando a piedi, uno ogni cinque o sei secondi, e andavano tutti verso sinistra. Mi fecero un’impressione fortissima, come se quella scena fosse l’essenza stessa della guerra. […] a quel punto capii che i tedeschi stavano lasciando Chieti perché era iniziata la ritirata. Gli ultimi soldati di Wehrmarcht se n’erano appena andati, quando da lontano sentii un gran rumore, poi un vociare e della musica che si avvicinava sempre di più. Era un ritmo gioioso, trascinante, mai sentito prima. Gli americani!
All’improvviso sulla piazza arrivarono le prime jeep. E chi le aveva mai viste delle auto scoperte fino a quel momento? [….] Rimasi folgorato da quella fila interminabile di macchine aperte. Gli americani mettevano le gambe sui parafanghi, sorridevano, lanciavano sigarette e caramelle, cantavano. […] Per me fu l’immagine irripetibile della libertà e, per la prima volta, della festa e dell’allegria. Ho sempre pensato che mio padre, che aveva vissuto come tutti gli anni del fascismo, quell’arrivo significò l’inizio della nuova vita.”

La vera Liberazione è stata portatà con la musica e le gambe appoggiate al cruscotto, suoni e piccoli gesti per rompere anni di rigidità. Eventi come il Ru Paul’s Drag Race ci ricordano che gli americani ancora oggi offrono le chiavi della libertà ovunque portino la loro Arte dello Spettacolo.

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