ORFANI: TERRA // COLORE ITALIANO

TRIPLA INTERVISTA: EMILIANO MAMMUCARI, MATTEO MAMMUCARI, LUCA GENOVESE

a cura di Elisa Castellano


In una Terra devastata da un potente attacco alieno che ha raso al suolo l’Europa, alcuni ragazzi orfani sopravvissuti alla tremenda catastrofe vengono addestrati come super soldati per sconfiggere la minaccia extraterrestre. È questa la premessa di Orfani, la prima miniserie a colori di casa Bonelli, il cui primo episodio ha visto la luce nel 2013, firmato Recchioni-Mammucari, mentre l’ultimo capitolo della saga, lo speciale Orfani: Terra, è stato presentato lo scorso luglio.

Un comparto grafico fresco e colorato fa da cornice a una storia veloce e dinamica, caratterizzata da un ritmo narrativo serrato e dalle numerose interazioni tra i personaggi brillantemente caratterizzati, resi vivi nei continui botta e risposta pieni di sagacia. La serie strizza piacevolmente l’occhio a grandi classici militaristici e di fantascienza come Alien, Full Metal Jacket o Halo e accompagna il lettore con una regia consapevole e cinematografica, tanto negli intensi e violenti scontri, quanto nell’evidente sottotesto politico che permea l’intera storia e la dimensione distopica in cui è ambientata.

Conversazione con Emiliano e Matteo Mammucari, (a seguire intervista con Luca Genovese)

Come è nata l’idea dello speciale dedicato alla saga Orfani: Terra? Sentivate la necessità di approfondire la storia di determinati personaggi?

Emiliano Mammucari: La storia originale di TERRA, idealmente, è l’ultima storia che si può raccontare sulla Terra prima della fine del mondo. Cain, Max e gli altri ragazzi di Terra sono stati particolarmente amati dal pubblico, così l’editore ci ha proposto di proseguirne la storia.
Terra parla di speranza, vista come un sentimento nocivo: non è inseguendo utopie o cercando un Eden che si risolvono i problemi. Non c’è un altro pianeta pronto a ospitarci, se distruggiamo il nostro.

Lo speciale è un volume a sé stante fruibile anche da chi non ha letto gli altri volumi precedenti?

Matteo Mammucari: La prima miniserie di TERRA presenta un cast di protagonisti totalmente nuovi e fa riferimenti marginali al resto della saga di Orfani. È stata pensata proprio per essere letta anche da chi non ha mai letto altro della serie.
Quando si è trattato di scrivere A proposito del futuro abbiamo deciso di andare nella stessa direzione: raccontiamo la storia di un pugno di naufraghi venuti da chissà dove, costretti a confrontarsi con un mondo che non conoscono e che il lettore scoprirà insieme a loro. Poi è naturale che i nostri personaggi abbiano alle spalle una loro storia, ma spetta al lettore decidere se recuperarla, né più né meno come quando incontriamo una persona nuova e dobbiamo capire se lasciarla andare o tentare di conoscerla a fondo.

Orfani tratta anche vicende politiche legate al presente: quanto ritenete sia importante che un mezzo come il fumetto si faccia veicolo di messaggi legati all’attualità?

MM: Il fumetto è un linguaggio come gli altri, come sempre spetta all’autore decidere che uso farne. Per quanto riguarda Emiliano e me, la narrazione è sicuramente un mezzo per decifrare il mondo in cui siamo immersi. Il problema è che un albo a fumetti da 94 tavole necessita di circa un anno di tempo per essere realizzato, di conseguenza tocca cercare di prevedere la futura attualità con largo anticipo se non si vuole perdere l’appuntamento con lei.
Quando abbiamo ideato la prima miniserie di TERRA avevamo in mente il muro di Bush, durante la stesura della sceneggiatura era arrivato Trump a rinfocolare il discorso e quando finalmente eravamo in edicola erano ormai spuntate barriere in tutta Europa.
Per quanto riguarda lo Speciale uscito a luglio 2018, avevamo ben chiara la direzione verso cui ci stavano portando i recenti avvenimenti; raccontare una storia sulle allettanti promesse del populismo e le loro insidie è stata la naturale conseguenza.

Quali sono le fasi di produzione di un volume? Come definite le varie fasi organizzative?

EM: Io e Matteo lavoriamo insieme al soggetto, poi lui segue più da vicino la scrittura e io mi occupo della produzione artistica, cioè di “incollare” quanto più possibile storia, disegno e colore: sono fasi che devono procedere necessariamente in parallelo. Ci siamo affinati molto, col tempo. Anche solo due anni fa produrre un volume come lo speciale di Terra, con quella quantità di ambienti e quel numero di personaggi, avrebbe richiesto il doppio del tempo.

Come nasce una vostra sceneggiatura? E come vi trovate a lavorare insieme? Avete sviluppato un metodo di lavoro particolare?

MM: Di solito Emiliano ha in mente l’inizio di una storia, io tendo più a pensare al finale. Ci raccontiamo la trama, rimpallandocela fino a quando non ha preso forma e non ci convince. Una volta che abbiamo la storia discutiamo di come si svolgono le scene, delle azioni che le compongono, delle intenzioni dei personaggi, di ciò che più o meno si diranno. A questo punto io passo alla stesura fisica della sceneggiatura e, una volta pronta, la riporto a Emiliano che va a rifinirla. Naturalmente lui, essendo un disegnatore, ha un occhio più attento per quanto riguarda la regia e le inquadrature, mentre io vado a concentrarmi di più sui dialoghi.
Come ci troviamo a lavorare insieme? Prendi due fratelli e mettili seduti su due scrivanie, una di fronte all’altra, per dieci ore al giorno… diciamo che in un modo o nell’altro devono trovarsi bene, altrimenti non ne escono vivi!

Come avete lavorato sul colore? Pensate che ci sia la necessità di definire un “colore all’italiana” con delle caratteristiche proprie?

EM: Su Orfani abbiamo sviluppato un approccio al colore ben riconoscibile. Usiamo il colore come la musica, una colonna sonora che va a sottolineare le emozioni di una scena; è diverso dal colore descrittivo alla francese o da quello iperbolico americano. Non saprei dire se si può definire “colore all’italiana”, penso però che si adatti bene al formato e ai temi delle nostre storie. Alla nostra sensibilità.

Pensate che, come dicono molti, il fumetto stia vivendo il suo Rinascimento? E questo Rinascimento è totalmente positivo o ha anche dei lati negativi e dei tranelli rispetto ai quali vorreste mettere in guardia le nuove leve?

EM: Il fumetto è un medium agile che sa adattarsi bene ai tempi. C’è un grande fermento perché mai come ora i linguaggi sono interconessi e vivono di osmosi: cinema, letteratura, serialità televisiva, videogioco, fumetto. Ci sono infinite possibilità espressive, più spazi, più soldi. Bisogna però imparare a non fossilizzarsi su strade già battute e a concentrarsi su quello che si vuole dire. E disciplinarsi, perché il livello tecnico attuale è altissimo e per crescere ci vuole tempo e metodo.

Cosa pensate dell’autoproduzione come formazione dei giovani artisti? Pensate sia utile riunirsi in collettivi, sperimentare, lavorare tutti insieme, piuttosto che tentare da subito la via della grande editoria?

EM: Penso tutto il bene possibile del crescere insieme, non solo all’inizio, ma anche quando si lavora nella grande editoria. Da soli si cresce troppo lentamente e lo scenario è diventato troppo vasto. Bisogna imparare in fretta. Tutto. Sempre.

Per concludere torniamo a Orfani con una domanda clue: ci saranno altri numeri speciali di Orfani: Terra?

MM: A proposito del futuro chiude le tematiche dell’albo, ma spalanca le porte a degli sviluppi narrativi che avevamo in mente sin dall’inizio. Stiamo pensando a una soluzione editoriale adatta per raccontarvi cosa accadrà a Max, Cain, Bug e Miranda, ma per ora è ancora tutto Top Secret!

Intervista a Luca Genovese

Sei stato il disegnatore di molti episodi di Orfani. Dal n.2 di Terra allo Speciale, è cambiato qualcosa nel tuo modo di lavorare?

Sì, ho realizzato tre episodi per la serie mensile, uno di Ringo, uno di Nuovo Mondo e uno di Terra, e poi lo speciale di Terra. È cambiato qualcosa in questi anni, sicuramente (ad esempio nell’ultimo speciale ho lavorato anche in digitale) ma non saprei dirtelo con certezza. I personaggi nelle storie di Terra mi sembrano più fluidi e personali, li ho fatti più miei. E nella lavorazione c’è stata una libertà e una sincronia, con il team ormai collaudato tra sceneggiatori e coloristi, che ha sicuramente giovato al lavoro e alle tavole.

Quanta libertà ti è stata lasciata nella gestione delle tavole? Come ti sei trovato a lavorare su PG già definiti?

La regia è sempre piuttosto definita già in fase di sceneggiatura, ma rimane sempre un buon margine per me di movimento e di proposta. Alcuni layout di tavole sono state cambiate su mia proposta, ad esempio. Con Emiliano, Matteo, Giovanni e Luca ci si conosce ormai da Nuovo Mondo e il team è più o meno lo stesso, ci siamo rodati in questi anni e ora il processo è più fluido. Non senza piccoli scontri e compromessi ma è una cosa normalissima. Lavorare su personaggi che erano già definiti non è stato un grosso problema ma mi son reso conto di averli “inquadrati” e fatti miei verso la seconda metà del mio episodio della miniserie di Terra. Quando li ho ripresi nello speciale già li conoscevo e sapevo chi erano e come gestirli, è stato più divertente anche perché quando conosci il personaggio ci lavori più in confidenza.

Come hai lavorato con il colorista? Vi siete coordinati durante il lavoro oppure avete lavorato in modo separato e individuale?

Luca Saponti ha lavorato sulle mie pagine da Nuovo Mondo e forse a quell’epoca magari non ero molto contento delle tavole, ma non per la qualità del suo lavoro, più per una questione di palette che per gusto personale non era molto nelle mie corde. Ma era una scelta uniforme di tutta la minisaga. In Terra mi sembra che il lavoro sia sempre migliore, nello speciale ha fatto delle cose impressionanti. Mi trovo molto bene a lavorare con lui.

Preferisci disegnare gli sfondi o i personaggi?

Adoro far recitare i personaggi, la mimica e le espressioni. Adoro le scene dinamiche e le scazzottate, ma mi piace anche lavorare a degli sfondi anche se su quelli sono ancora troppo ricco e a volte confuso, dovrei cercare una sintesi maggiore.

Di solito sei subito soddisfatto del risultato dei volumi che disegni oppure sei un perfezionista e disegneresti tutto da capo infinite volte?
No no, non sono mai soddisfatto. Ridisegnerei tutto. Probabilmente sarebbe un loop di perfezionismo che non farebbe mai uscire l’albo, quindi bene avere una scadenza e dirsi “il prossimo lo faccio meglio”.

Che consiglio daresti a un giovane Luca al primo anno di Scuola Comics?

Non aspettare l’ultima settimana a Firenze (ho fatto la scuola di comics a Firenze) per vederti gli Uffizi, non riuscirai mai ad entrarci.

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