ROLAND BARTHES. CENNI DI UNA STORIA EDITORIALE ITALIANA

di Marco Mondino

Una ricognizione delle prime edizioni italiane di Roland Barthes è l’occasione per ricostruirne la storia editoriale prestando attenzione ai cambiamenti di editori, collane, copertine e formati. Lo scorrere delle schede che presentiamo in questo catalogo non va letta come una semplice ricostruzione didascalica, ordinata cronologicamente, ma vuol essere un invito a rileggere la ricezione dell’opera testuale di Barthes in Italia a partire dalla cornice editoriale in cui si colloca. A questi testi, presenti in tutte le bibliografie ufficiali, abbiamo aggiunto libri collettivi, le voci dell’Enciclopedia Einaudi, testi di presentazione per cataloghi d’arte o ancora prefazioni a romanzi, materiali editoriali differenti che rendono il quadro più complesso e affascinante. La storia editoriale di Barthes è legata all’Einaudi che ha avuto il merito di pubblicare quasi tutta la sua produzione, a partire dal 1966, anno in cui escono gli Elementi di semiologia e i Saggi critici. La stima, l’amicizia e la collaborazione con Fortini e Vittorini hanno dato vita a un sodalizio editoriale che non è mai venuto meno. Proprio gli Elementi di semiologia recano in apertura una dedica all’appena scomparso Vittorini che aveva insistito affinché il testo comparisse all’interno della collana “Nuovo Politecnico”. Accanto al ruolo svolto dalla casa editrice Einaudi, che seppe ben interpretare le correnti strutturaliste di quegli anni concentrandosi anche sul rinnovamento teorico della critica letteraria, importante è stata la funzione svolta da una casa editrice come Bompiani che pubblicò, nel 1972, L’analisi del racconto (in cui compare un intervento di Barthes) e La retorica antica nel 1972. I testi di Barthes sono comparsi nelle più importanti collane Einaudi, dai “Paperbacks” al “Nuovo Politecnico”, dalla “PBE” a “Gli Struzzi” (solo per citarne alcune), si tratta di progetti editoriali che hanno fortemente influito il dibattito critico e teorico del secondo Novecento diventando iconici anche dal punto di vista grafico. Nel corso degli anni Ottanta, dopo la morte di Barthes e la pubblicazione della Camera chiara, Einaudi, seguendo il progetto curato da François Whal in Francia, traduce gli scritti inediti e le raccolte di saggi fino alla pubblicazione di Incidenti, il piccolo volume che mette insieme testi brevi scritti tra Rabat e Parigi, in periodi differenti. Il libro rivela al pubblico una scrittura che investe la sfera più intima e viene collocato all’interno della collana “Saggi brevi” che nata nel 1988 rifugge dalle etichette di genere. Accompagnata da forti polemiche, soprattutto in Francia, è invece la pubblicazione del Journal de deuil, il diario del lutto scritto da Barthes dopo la morte delle madre e non destinato alla pubblicazione. Il libro esce anche in Italia nel 2010 con il titolo Dove lei non è con la traduzione di Valerio Magrelli. Per la prima volta un libro di Barthes nei “Supercoralli”, collana destinata principalmente alla narrativa. Oggi i testi di Barthes disponibili si trovano sparsi nella “PBE nuova serie” e nella “ET” ma molti risultano ormai fuori catalogo. Se tra il 1998 e il 2002 si era percepito un rinnovato interesse da parte di Einaudi, come dimostrano le varie ristampe, le nuove edizioni all’interno della collana “PBE” e l’uscita della raccolta Scritti a cura di Gianfranco Marrone, oggi molti testi risultano fuori catalogo. Se non è mai venuto meno l’interesse verso I frammenti di un discorso amoroso, Miti d’oggi o La camera chiara, data la buona risposta commerciale, sembra essere abbandonata qualsiasi idea di ripubblicare testi come Il brusio delle lingua, L’avventura semiologica o La grana della voce. Eppure Barthes è stato un autore che ha fortemente segnato il catalogo della casa editrice, un autore protagonista la cui immagine viene, negli anni Ottanta, utilizzata anche in copertina, pratica sino a quel momento stigmatizzata in casa editrice come cedimento commerciale, che ben racconta la forza e la fascinazione esercitata da Barthes in quegli anni. Incorniciate su sfondo bianco le foto di copertina mostrano Barthes ora da vicino, intento ad accendersi una sigaretta, ora lontano al capo di una lunga tavolata come in attesa o alla fine di uno dei suoi seminari, ora con lo sguardo distaccato e non rivolto verso l’obiettivo in una foto che appare come rubata, tra una pausa e l’altra. A queste immagini che assumono per certi versi un carattere pubblico, si contrappone invece la fotografia utilizzata per la copertina decenni dopo, per Dove lei non è, il diario del lutto scritto dopo la morte della madre e non destinato alla pubblicazione. Qui ritroviamo un Barthes giovane accanto alla madre e al fratello; la scelta di quest’immagine mette in primo piano una dimensione privata che si lega all’archivio personale. Ai contorni chiari e definiti delle prime foto si contrappongono quelli sfumati e rarefatti di quest’immagine. Accanto al lavoro di una casa editrice come Einaudi occorre dare rilievo a Lerici, che tra gli anni Cinquanta e Sessanta poteva contare su un catalogo di alto livello e che per primo ha introdotto Barthes al lettore italiano pubblicando Il grado zero della scrittura e successivamente Miti d’oggi. La fortuna di questo secondo testo emerge non solo dalle diverse ristampe, con copertine sempre differenti, ma anche dalla riproposizione del testo all’interno del “Club degli Editori”, circuito di libri per corrispondenza, o ancora nella collezione, uscita in edicola, “I classici del pensiero”, dove è accostato a testi di filosofia e storia delle idee. L’amicizia tra Barthes e un editore raffinato come Franco Maria Ricci porta invece alla pubblicazione di due volumi indirizzati principalmente a un pubblico internazionale di collezionisti. Elitari, costosi e destinati al mercato dei libri di lusso, i testi dedicati a Erté e Arcimboldo collocano Barthes all’interno di una cornice editoriale completamente inedita fino ad allora, rafforzandone la trasversalità. Sempre negli anni Settanta altri editori si interessano alla scrittura di Barthes: Guida, specializzato in storiografia e critica letteraria, riscopre un testo fondamentale come Michelet (uscito nel 1954) pubblicandolo nel 1973. La famosa Lezione, tenuta nel 1977 al College de France, compare invece per la prima volta in un’edizione a cura del collettivo editoriale “Fuori Potere”, lontana dunque dai circuiti editoriali tradizionali. Tra gli anni Ottanta e Novanta altri testi compaiono per “SugarCo”, “Shakespaere & Company”, “Vallecchi”, “Il melangolo” e recente è invece la ripresa da parte di Mimesis degli ultimi corsi non ancora tradotti in Italia. Mentre in occasione del centenario ci s’interroga, in differenti sedi, su alcuni aspetti teorici del pensiero di Barthes, il nostro lavoro si è mosso in una direzione per certi versi più tecnica ma rivela tuttavia il venire meno, oggi, di un reale interesse editoriale non accademico verso una figura che ha fortemente influenzato il dibattito culturale e letterario del secondo Novecento. L’attuale offerta editoriale riguardante Barthes sembra essere così uno dei tanti esempi della mutazione di un mercato librario sempre meno interessato a restituire a un lettore consapevole quello che gli spetta.

*Il testo riportato è incluso nel catalogo pubblicato in occasione di FN mostra Barthes / 50 prime edizioni di Roland Barthes, a cura di Federico Novaro e Marco Mondino, (6, 8, 9 novembre 2015),Torino, via Baretti 31. La mostra è stata organizzata per celebrare la chiusura del centenario della nascita di Roland Barthes.
FN è www.federiconovaro.eu

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