RISCATTI, ARCHIVIO ROMANTICO DELLE FOTO PERDUTE

di Gaia Palombo

È un primo pomeriggio di Agosto, il signor Vittorio è in piedi e fissa un punto imprecisato del giardino. Non credo che esista ritratto migliore di questa minuscola fotografia in bianco e nero perché nonno è esattamente dove lo colloca la mia memoria, in quella precisa posa, con quegli stessi abiti. Probabilmente è ancora lì fermo, con lo sguardo attento e scrupoloso nella sua divisa estiva: polo, pantaloni grigi e l’immancabile cinta nera con la fibbia argento.
Mi chiedo spesso che significato avrebbe questa immagine, apparentemente poco rilevante, per un estraneo che non ha mai conosciuto mio nonno e frequentato il suo giardino. Mi piace immaginare tutte le storie che la fotografia potrebbe innescare, tutte legate a trame di memorie lontane, a individui con bagagli culturali ed emotivi differenti. La misura della potenza di un’immagine è comprensibile solo considerando che io e l’altro, paradossalmente, si equivalgono in un gioco di familiarità e mistero.
Lo scriveva bene Berger nel suo Sul guardare che le fotografie sono tra gli oggetti più misteriosi e perturbanti, che non registrano dei significati ma ne restituiscono una traccia a partire dalla quale solo il ricordo può elaborare un senso.


Che fine fanno allora le storie delle fotografie orfane e disperse? Chi e come ne interroga le sembianze?
A questo problema delle immagini senza radici c’è chi propone una soluzione, è il caso di Riscatti, progetto dal nome più che mai calzante di Ivana Marrone, nato per donare nuovi sguardi – e quindi una nuova vita – a una serie di fotografie collezionate a partire dal 2015, in un pomeriggio romano di ottobre al Mercatino delle pulci di Montesacro.
Sopravvissute al tempo e all’oblio, le fotografie si presentavano come scheletri muti, resti di storie che avevano perso interlocutori. Da qui l’idea di chiamare a raccolta artisti, scrittori, registi, cantautori e giornalisti e invitarli a scrivere di quelle immagini per dar loro dignità e ragione di esistere. Giovanni Truppi, Roberto Saviano, Iosonouncane, Bianca Pitzorno, Francesco Ciavaglioli, Giorgio Poi, Erri de Luca, Claudia Ferri, Dente, sono alcuni degli autori di questo “archivio romantico delle foto perdute“.
Nato come un sito internet, Riscatti è diventato un libro prezioso, bellissimo, il primo edito da Rvm Hub lo scorso giugno. Notevoli non solo le sembianze del libro, che richiamano quelle di un piccolo album di famiglia, ma anche la carta, delicata come la velina che protegge le fotografie nelle raccolte. Il libro si presenta in tre edizioni diverse, ognuna riproduce un pattern campionato da carte decorate di copertine di libri del Quattrocento e Ottocento, provenienti dalle collezioni della Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli e del Letterform Archive di San Francisco. Queste sovraccoperte alludono alle carte utilizzate per proteggere libri e album o per rivestire l’interno di mobili e cassetti.

Una delicatezza di intenti che si riflette nelle fattezze del prodotto editoriale, in cui i volti di donne, uomini e bambini tornano protagonisti e le storie vengono percepite come teneri racconti sottovoce, dei piccoli segreti.


Sfogliando Riscatti mi è tornata alla mente un’opera molto intensa del duo Bianco-Valente, Il libro delle immagini (Postmedia Books 2020): i due artisti hanno affidato a ottantaquattro persone delle fotografie formato 23×23 di cui raccontare in assoluta libertà e senza conoscerne alcun particolare. Nessuna delle narrazioni presenti nel libro ha la sua fotografia corrispondente, il che innesca un’affascinante catena di immagini diverse che parte dallo scatto originario, passa per l’autore della storia e arriva ai lettori che la percepiscono soltanto attraverso le parole.
Credo che Riscatti e Il libro delle immagini, seppur con metodi diversi, ottengano una dinamica molto simile e abbiano lo stesso obiettivo: creare una costellazione di relazioni, emozioni e memorie in cui immagine e scrittura generano un meccanismo arcaico e sostanziale: il riconoscimento nell’altro.


Una fotografia, come i racconti orali o le parole di un romanzo, sono materiali preziosi che doniamo a noi stessi ma anche a un ipotetico interlocutore che fa suo il contenuto, trasformandolo, in un continuo gioco del telefono.
Quella sensazione di nostalgia di momenti o epoche non vissute deriva dal fatto che nelle fotografie del passato leggiamo una propensione al futuro, un messaggio nella bottiglia, vediamo noi stessi e dunque sentiamo l’esigenza di prendercene cura.
Una fotografia in particolare, tra quelle trovate da Ivana, ritrae una giovane donna e reca una dedica che recita: “A Fernando, il mio amore, con tutto il mio amore, Enza“, come non pensare a tutte le volte che siamo stati Fernando e tutte le volte che siamo stati Enza?

 

Riscatti. Archivio romantico delle foto perdute
di Ivana Marrone
65 fotografie e micro storie
Prefazione di Valerio Millefoglie
Postfazione di Cat Lachowskyj
Ideazione e curatela del progetto Riscatti: Ivana Marrone ©2015

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