LUI HILL // IL RACCONTO DI UN VIAGGIO

intervista di Silvia Arduino

Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con Lui Hill, che ha debuttato a livello internazionale lo scorso novembre, con il singolo 5000 miles, ed ha appena presentato il suo nuovo singolo, Revolver, in attesa dell’album che li conterrà entrambi.

500 miles – Una canzone che affronta il tema del viaggio, sia fisico che mentale, dove andare lontano serve per guardare tutto da una adeguata distanza, ritrovare le proprie origini e fortificare la propria identità, primo estratto di un disco – ci racconta l’artista americano – che raccoglie le sue riflessioni più intime e che ha avuto il potere di portarlo ad avere un rapporto profondo con se stesso, spingendolo ad esaminare la sua interiorità attraverso il processo creativo, fino ad ottenere un effetto di auto guarigione.
Tra American songwriting e musica elettronica, andiamo a conoscere il nuovo talento della scena internazionale, Lui Hill.
lui hill 2

Vuoi raccontarci dove hai trovato l’ispirazione per il tuo primo singolo, 5000 miles? Come è iniziato questo viaggio interiore e qual è la tua destinazione?
5000 miles è una canzone che ho scritto e registrato in Sud Africa. La canzone fondamentalmente è uno snapshot di un istante che mi è apparso viaggiando. Scrivere questa canzone mi ha aiutato ad uscire fuori da un periodo problematico che stavo attraversando; ero in viaggio, avevo poche cose con me per registrare e produrre la canzone e il fatto che avessi degli strumenti limitati si è rivelata essere una grande occasione. Ho usato un solo microfono per catturare tutti i tipi di suoni che raggiungevano le mie orecchie: non faceva differenza se si trattava di un corvo che volava sopra la mia casa o il rumore del traffico alle autolinee di Cape Town; si riescono a sentire questi suoni se ascolti attentamente. Viaggiare 5000 miglia dal luogo di partenza non è solamente un viaggio fisico, diventa anche un viaggio interiore. Ho avuto la possibilità di creare una distanza tra me e la miseria delle mie origini, in cui ero bloccato, e vederle sotto una luce diversa. Stavo raggiungendo il manager dei Filter Music Group mentre ero in Sud Africa, la canzone gli piacque moltissimo e decidemmo di lavorare insieme. Così ebbe inizio il viaggio. Tutto quello che posso dire è che sono venute fuori molte cose belle.

Il video 5000 miles ha l’atmosfera di un racconto ipercontemporaneo, oscuro, dove due personaggi sembrano inseguirsi tra loro. Da dove nasce questa idea? Qual è il messaggio che vuoi veicolare associando queste immagini alla tua musica?
Nel video si vedono tre persone che sono attratte le une dalle altre ma allo stesso tempo sentono una profonda diffidenza. Si percepisce che qualcosa di brutto è accaduto precedentemente e ora loro sono in missione insieme. Ci sono dei riferimenti a un racconto molto famoso che avevamo bene in mente mentre giravamo il video a Los Angeles. C’è una storia dietro il video… ma non voglio fare spoiler, sarà raccontata ad episodi con i vari singoli.

Quali sono gli artisti che ti hanno influenzato di più nella composizione musicale, quelli che hai individuato come punto di arrivo al quale ambire?
Ho una connessione molto profonda con Steve Wonder, soprattutto con l’album Innervisions, mi sento a casa quando metto su quel disco. Nella mia prima adolescenza trovai il disco record A Real Mother For Ya di Johnny Guitar Watson al mercato delle pulci e alcune settimane dopo mio fratello mi portò con sé a vederlo dal vivo. Accadde che fui persino invitato a cantare una strofa della canzone omonima con Johnny Guitar Watson! Grazie a lui ho iniziato a desiderare di diventare musicista, è ancora il musicista più divertente e cool che io conosca!

Se vuoi approndire lo sguardo sul dna della mia musica, qui c’è la mia playlist Before the Storm con tutti gli artisti che mi hanno influenzato di più

https://open.spotify.com/user/ecy7i963d2fzvgm0wok7s69wj/playlist/1ktQ1a2Zy43p4F9mEBGPKU?si=k6o5ukAjQWWnw2xFpyw8Qw

Nella tua musica c’è una forte tendenza evocativa. Ti è mai capitato di trovare ispirazione nelle arti figurative o nel cinema?
Sono un grandissimo fan di Jim Jarmusch e mi sento molto vicino alle opere di Almodovar e Lynch, però non le vedo come una fonte diretta d’ispirazione. Sicuramente la pittura e andare a visitare mostre ha molto impatto sulla mia creatività musicale.

E’ appena uscito il nuovo singolo Revolver. Ti va di parlarcene e di farci una preview sull’album che lo conterrà?
La canzone parla del lasciare andare abitudini e schemi in cui ci siamo ritrovati incastrati. Volevo che la canzone trasmettesse calore ma fosse comunque elettronica, sentivo che quel tipo di contrasto ben rappresenta una situazione in cui siamo intrappolati, una condizione che è la tua zona di comfort e allo stesso tempo la tua fonte di malessere.

L’album in arrivo affronta le fasi che ho attraversato negli anni passati, i miei alti e bassi e alcune riflessioni generali sul nostro essere umani. Scrivere queste canzoni è stato autocurativo per me. Amo questo album, è imponente e pieno di diversità.

In copertina: Lui Hill © Simon Hegenberg

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