JOE D’URSO – QUANDO LA MUSICA ATTRAVERSA IL MONDO

di Jamila Campagna

In questo periodo, un anno fa, l’Ice Bucket Challenge ha avuto una diffusione altissima: molte celebrità hanno aiutato la raccolta fondi per la ricerca sulla SLA a colpi di secchiate di ghiaccio. Sempre in quei giorni, il cantautore americano Joe D’Urso ha fatto tappa a Latina per una data del suo tour italiano, decidendo di sostenere l’AVIS, associazione per la donazione del sangue, con un concerto gratuito che fosse simbolico di un impegno più profondo. Joe, la cui attitudine ad organizzare concerti di beneficenza e di impegno sociale è nota, è salito sul palco con Andrea Montecalvo e Tony Montecalvo, musicisti pontini, fondatori della cover band The Backstreets, che sempre lo accompagnano nei tour in Italia.
Quando ci siamo incontrati, Joe mi ha accolto con un grande sorriso e il calore di un vecchio amico. È forzuto e gentile allo stesso tempo, con l’aspetto di un gigante buono, uno di cui ti fideresti ciecamente senza pensarci troppo.
Così iniziamo a parlare…

1 Il Blues, il Country, il cantautorato tradizionale americano sono basati sullo storytelling, letteralmente, sul racconto di storie. Questo tipo di musica è un importante veicolo di contenuti sia politici che poetici. Condividi l’idea che si crei un legame tra il cantautore e il suo pubblico?
La relazione e il legame tra cantautore e pubblico è una caratteristica di questo tipo di musica. È un legame che si crea attorno a ciò che è importante in qualità di esseri umani. Il Blues, il Rock e l’intera tradizione di musica cantautorale sono piene di contenuti sociali, come anche il Reagge. Voglio dire, non si tratta di musica Pop, questo è il Rock e il cantautorato: contenuti profondi e buone vibrazioni attraverso la musica.

2 Sei un rocker americano ma spesso vieni in tour in Italia. Cosa ti piace di più del pubblico italiano?
Durante un concerto è molto importante incontrare il pubblico giusto che può essere pronto a riflettere su questioni importanti e allo stesso tempo sappia divertirsi appassionandosi alla musica. Il pubblico italiano è esattamente quel tipo di pubblico e questa è la ragione per cui amo suonare in Italia.

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3 La tua famiglia ha origini italiane, il tuo cognome, D’Urso, ne è chiara traccia. Noti delle somiglianze tra il New Jersey e le sue aree periferiche e le periferie o le piccole città qui in Italia? Pensi che ci sia un qualche tipo di legame tra luoghi così distanti?
Sì, la mia famiglia è di origini italiane. Mio nonno emigrò dall’Italia e questo sicuramente mi ha dato un certo tipo di bagaglio culturale. Quando giunse per la prima volta negli Stati Uniti, mio nonno si ritrovò con un timbro sulla mano che diceva WAP. WAP, parola che, nello slang americano, è comunemente usata per indicare immigrati italiani o gli italiani di seconda o terza generazione che vivono negli States. Non tutti lo sanno ma originariamente significava “Without Any Paper”, per segnalare che quella persona non aveva un documento identificativo con sé. Oggi in Italia vedo una situazione di fusione di culture molto simile al meltinpot americano, con tutte le questioni sociali che determina ma anche con tutta la ricchezza culturale che porta con sé.

4 Oggi sei in Italia per sostenere l’AVIS, per sensibilizzare alla donazione del sangue attraverso la tua musica. Cosa vorresti dire ai giovani sul donare sangue e in generale sull’essere socialmente impegnati?
Sono qui oggi a sostenere l’AVIS perché mi piace fare concerti per le cause importanti che interessano la collettività, è fondamentale dedicare il proprio impegno nelle questioni sociali. Tu mi vedi: sono un musicista. Vengo da una famiglia di lavoratori e io non ho mai voluto sembrare quello svogliato e indolente, il pigro del gruppo; questo è il motivo per cui ho sempre usato la musica per sostenere l’impegno sociale e veicolare contenuti utili alla collettività. Essere impegnati è essenziale per trovare il significato della propria vita, il proprio ruolo nella società. Ciascuno di noi deve prendersi cura degli altri, questo è l’unico strada per fare le cose in modo giusto.

5 Puoi dirmi un cantante/musicista che per te è una guida, qualcuno a cui ispirarsi?
Come dicevo, la musica non è solo un modo per andarsene in giro e divertirsi; penso sempre alla figura del cantautore folk-rock Henry Chapin, che per me è di grande ispirazione, e soprattutto alla sua canzone Cat’s in the craddle: un testo molto significativo, dal padre al figlio, che parla di come le cose vanno nella vita. Tutto scorre: noi siamo troppo indaffarati mentre la vita scorre via. Dobbiamo fermarci, guardarci attorno e capire in cosa realmente vale la pena di investire il nostro tempo.

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