LA SCUOLA DELLE MOGLI AL TEATRO ELISEO DI ROMA

dal 7 gennaio al 19 gennaio 2020
Teatro Eliseo
via Nazionale 36, Roma

recensione di Silvia Mirabelli


La Scuola delle Mogli
è una commedia di Moliere, messa in scena per la prima volta nel 1662, destò scalpore e fece scandalo tra i salotti di Parigi, tanto da complicare a Moliere stesso la pubblicazione delle commedie successive, ma… perché? Sarebbe bello affittare una macchina del tempo per andare a vedere le reazioni che scatenò sui volti degli spettatori benpensanti di allora e capire la ragione di tanto stupore.

Purtroppo, però, non credo abbiamo modo di affittare una macchina del tempo in grado di tornare nella Parigi di Moliere. Per questo suggerisco di andare al Teatro Eliseo dove, fino al 19 gennaio, Arturo Cirillo porta in scena, con la sua regia, la sua versione della scuola delle mogli (prodotto da Marche Teatro, Teatro dell’Elfo e Teatro Stabile di Napoli).

Arnolfo, interpretato proprio da Arturo Cirillo, è un nobile la cui fobia più grande sembra essere quella del tradimento coniugale, proprio per questo escogita un piano: adottare una bambina e farla educare in modo semplice, ingenuo, privandola di ogni stimolo all’intelletto, per poi sposarla ed avere così in moglie un agnellino che non sarebbe in grado neanche di pensare un tradimento. Agnese (Valentina Picello) in effetti è proprio come Arnolfo l’ha desiderata: infantile, pura, una bambina in un corpo di donna da marito. Arnolfo la tiene rinchiusa in una casa, dove tutto il giorno lei cuce e ricama, cuce e ricama, sorvegliata da due servi – Giorgetta (Marta Pizzigallo) e Alain (Rosario Giglio) – a loro volta persone sempliciotte agli ordini di Arnolfo.

Foto Luca Del Pia

In uno dei suoi pomeriggi di noia, Agnese fa la conoscenza di un ragazzo attraverso quell’unica piccola finestra di cui la sua stanzetta dispone: si tratta di Orazio (Giacomo Vigentini) che si innamora perdutamente di lei, e della sua ingenuità.
Da qui si aprono tutta una serie di eventi che lo spettatore scoprirà nella durata di un atto unico di un’ora e 35 minuti: solo il destino, lo stesso che ha fatto incontrare Orazio e Agnese, potrà decretare la vittoria o la sconfitta di questo amore nato da uno sguardo innocente.

Tutta questa vicenda, nell’idea di Arturo Cirillo, si sviluppa in un’unica, geniale soluzione scenografica: un’enorme casa delle bambole che viene girata su se stessa dagli attori, talvolta mostrando il suo interno, talvolta l’esterno. Questo suo girare imperterrito regala allo spettatore la sensazione delle inquadrature, strategie con cui pian piano si entra in casa di Agnese e, con discrezione, la si conosce, la si spia in un mondo che quasi non ci è concesso di osservare.

Foto: Luca Del Pia

La sensazione più forte di cui questa scenografia ci inonda è il senso vorticoso di cambiamento, di evoluzione, di cui Agnese è protagonista. Agnese, da brava abitante della casa delle bambole è una ragazza vestita di rosa, ha un abito lungo ampio e luminoso, proprio come quello di una vera bambola, ma con tre fibbie, due che le strizzano il bacino ed una che le fa da collana stringendole il collo. Ha uno sguardo sognante, ma spento, che si accende solamente quando si parla d’amore per poi rispegnersi in sé stesso poco dopo. Se questa immagine sembra non appartenere a voi, lo spettacolo saprà farvi ricredere. Non è forse vero, infatti, che in ognuno di noi, in fondo, c’è un’Agnese? Non importa che tu sia uomo o donna, Agnese è quella parte fanciullesca, che spesso il mondo ci suggerisce di non coltivare e di cui noi stessi proviamo vergogna. È quella parte pura, spontanea e ingenua che preferiamo chiudere a chiave e non far uscire mai. Per fortuna che Agnese spesso si ribella alle nostre angherie e trova la forza per innamorarsi e uscire. Per fortuna! Per fortuna che da questa casa delle bambole in realtà si può uscire!

La commedia diretta da Cirillo, nonostante sia portatrice di grandi conflitti e interrogativi, si presenta con una forma leggera (ma attenta a non essere mai superficiale). Porta lo spettatore a ridere di gusto, sia per la bravura degli attori in scena, che per il testo, davvero attuale, tradotto da Cesare Garboli.

L’atmosfera è resa ancora più viva grazie alle luci, dirette da Camilla Piccioni, che scandiscono tempo e clima emotivo riempiendo il fondale di colori, per poi fare da protagoniste assieme alle musiche di Francesco De Melis: le luci stroboscopiche legate a una musica incalzante creano duplicano le scene in cui i personaggi, che si muovono a rallentatore, vengono come dipinti dalle luci che li racchiudono in tanti quadri allo stesso tempo esilaranti e ricolmi di ansia e tensione.

LA SCUOLA DELLE MOGLI
di Molière
traduzione Cesare Garboli
regia Arturo Cirillo
scene Dario Gessati
costumi Gianluca Falaschi
luci Camilla Piccioni
musiche Francesco De Melis
con Arturo Cirillo, Valentina Picello, Rosario Giglio, Marta Pizzigallo, Giacomo Vigentini
produzione Marche Teatro, Teatro dell’Elfo, Teatro Stabile di Napoli

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