RENZO ARBORE. E SE LA VITA FOSSE UNA JAM SESSION? FATTI E MISFATTI DI QUELLO DELLA NOTTE

a cura di Lorenza Foschini, Rizzoli, 2015

Renzo Arbore è quello della notte, ma anche quello di Bandiera Gialla, di Alto Gradimento, di Indietro tutta; è quello della Barilla Boogie Band, degli Swing Maniacs, dell’Orchestra Italiana; quello che nel 1991, al debutto internazionale con l’Ochestra Italiana, al Montreux Jazz Festival, venne definito da Quincy Jones the new Italian renaissance man. In effetti Renzo Arbore è un artista dello spettacolo in tutte le sue possibili declinazioni, figlio di quella Rai istituzionale che ha fatto la cultura italiana, ideatore di un nuovo tipo di intrattenimento, – prima nella radio e poi nella televisione – basato sull’ironia intelligente, sul potere culturale della divulgazione.

E se la vita fosse una Jam Session? è una biografia dove la carriera artistica e la vita privata si rincorrono e si intrecciano, esplosive, senza potersi separarsi mai. La metafora jazzistica del titolo ci dice con quale sguardo iniziare la lettura. Improvvisazione e intuizione, ritmo e collaborazione; queste le parole chiave della sua creatività e della sua filosofia di vita, tutti elementi di una vera e propria jam session. Un racconto affettivo fatto in prima persona, tra aneddoti e ricordi, dietro le quinte e sul palcoscenico. Nella pagine del libro, edito da Rizzoli in una bellissima carta perlacea, tante foto dall’album di famiglia di Arbore si mischiano a quelle della sua giovinezza a Napoli, tra la facoltà di Giurisprudenza e le serate passate in musica, agli scatti degli anni romani, alle immagini delle avventure radiofoniche e poi televisive, a quelle dei tour di concerti in giro per il mondo, fino ad arrivare a oggi.

Con tono colloquiale Arbore racconta la sua vita iperbolica: la tragedia dei bombardamenti a Foggia e il trasferimento a Chieti, poi finalmente la Liberazione con l’arrivo degli americani. Le jeep statunitensi – «e chi le aveva mai viste le auto scoperte?» – da cui usciva una musica dal «ritmo gioioso, trascinante, mai sentito prima!», portavano il fascino di quella che Arbore definisce come «l’immagine irripetibile della libertà», che fece breccia dentro uno come lui, che aveva suonato e cantato sin da bambino, segnando, forse inconsciamente, il ritmo del suo futuro.

Tra i vari capitoli in multicolor – art direction di Sergio Pappalettera e progetto grafico a cura di Daris Diego Del Ciello – spiccano i racconti legati ai suoi compagni di avventura, tra vita privata e spettacolo: delicate e immancabili le pagine riservate al più grande amore della sua vita, Mariangela Melato; e poi Gianni Boncompagni, Giorgio Bracardi, Marisa Laurito, Nino Frassica, Simona Marchini, Maurizio Ferrini, solo per citarne alcuni. Con loro ha architettato programmi tra il goliardico e il culturale, con personaggi surreali, fatti di un’ironia ardita e discussioni che echeggiavano le conversazioni disutili fatte anni prima con l’umanità variopinta degli amici del Bar Haiti, a Foggia, nel dopoguerra. Dai massimi ai minimi sistemi, perseguendo sempre tutto ciò che è «fuori dal banale, fuori dal classico, fuori dal bellissimo: in una parola, l’originalità».

Jamila Campagna

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