VIAGGIO CONTRO LA SOLITUDINE

di Gabriele Camelo

Solitudine.
Strano che una parola così possa iniziare con tre lettere ad indicare una nota musicale.
Io ho iniziato a sentire quanto fosse stonata, quella nota, ultimamente.
Prima la solitudine era inquietudine, poi ho avuto tutto chiaro quando mi sono ritrovato una tavola con un minestrone preconfezionato davanti: ero io e quel minestrone, nessuno accanto a me. Era il giorno di Pasqua. Pur cercando di evitare che la cosa si ripetesse, anche a pasquetta ho avuto la stessa sorte.
Quella tavola vuota mi ha fatto capire quanto io non appartenga a nessuno – una famiglia un po’ disgregata alle spalle e l’inquietudine che mi ha condotto a far sì che la mia vita fosse animata continuamente da qualcosa di nuovo al quale non legarsi ma da poter assaporare. Così i tramonti le colline le ragazze le energie le vibrazioni il sesso i libri i film i cibi sono diventati la mia vita. Viaggio. Bello il viaggio, ti anima e ti fa capire quanto la vita sia bella, quanto la vita possa regalare e quanto valga la pena di essere vissuta. Arriva un momento in cui entri in crisi esistenziale.
Quel momento è stato il giorno in cui Cristo è uscito dalla morte. Io, povero Cristo, ci sono entrato dentro alla morte. Il vuoto.
Non voglio più tornare a casa e trovare il vuoto. Voglio svegliarmi ogni giorno per qualcosa o qualcuno. Non ho un passato dove mettere radici, ma vorrei quantomeno un futuro dove radicarmi. Come? Non lo so.
Mi sono disperato a Pasqua e pasquetta. E, poi, preso da un impulso, ho fatto l’unica cosa di cui sono capace di fare: ho preso la mia telecamera, le chiavi della macchina e mi sono messo in viaggio, sorteggiando la provincia verso la quale dirigermi (in quel momento ero a Palermo, ed è uscita “Enna”), senza sapere dove dormire e dove mangiare, con l’idea di viaggiare a caso, senza meta, senza soldi. Ed affidandomi alla gente, perlomeno con l’idea di sentirmi meno solo. Chiedendo ospitalità, raccontando il viaggio con i video su facebook e ponendo la domanda che mi assilla: cos’è per te la solitudine?.
Dire ai quattro venti che mi sento solo, per giunta in un luogo pubblico come facebook, ha intercettato forse venti più grandi ed interiori di altri singoli individui che mi hanno scritto, e mi hanno dato disponibilità ad ospitarmi. La solitudine diventa meno solitudine quando la urli.
Mettermi in viaggio mi ha fatto bene: la sera mi sono ritrovato in un paesino sperduto (Valguarnera) ospite di una combriccola di ragazzi, vino e spaghetti fra noi. L’indomani sono andato a tagliarmi i capelli da un barbiere di paese che mi ha raccontato del suo amore per sua moglie, poi una ragazza mi ha mostrato con i suoi occhi i posti più belli per lei di Vittoria, incluso il mare, poi un aereo per motivi lavorativi mi ha condotto a Roma ma non sentivo concluso il mio viaggio e ho continuato “a dormire nelle case della gente”, raccogliendo le vite dentro la telecamera e dando vita alla mia vita. Una ragazza che lotta per esistere ed essere indipendente dai propri genitori (a Viterbo), una donna che sarebbe capace di ammazzare se le toccassero sua figlia (a Roma), padre e figlio che vanno a pescare di notte a Fiumicino, una suora che fa accoglienza fra i monti sopra Subiaco, una ragazza che lotta contro il dolore antico della perdita di entrambi i genitori quando era diciottenne: la mia telecamera ha raccolto un inanellarsi di storie che hanno reso il piatto del mio viaggio pieno di cibo succulento – vita.
Oggi mi sento meglio rispetto a qualche mese fa, e non so neanche io perché. Ci dovrei riflettere bene: forse il viaggiare ha placato il mio malessere. Nella mia pagina facebook ancora non ho posto la parola fine.
Ma forse la fine del mio viaggio contro la solitudine sta arrivando, la sento.
Forse perché sento vicino quel futuro in cui io possa porre radici. Un futuro che si avvicina all’idea di costruire una famiglia ed essere papà.
Ho sempre avuto difficoltà di fronte ai nodi. Non li so fare e non li so sciogliere. Durante questo viaggio però qualcosa è cambiato, e sono in una condizione tale che – non so bene come e non so perché – forse sto imparando, quanto meno, a farlo, un nodo. Forse.
No-do.
Che strano.
Anche questa parola contiene una nota musicale.

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